Azienda Cassani Marco
La nostra è una famiglia dalla lunga tradizione agricola: mio nonno Angelo sin dal 1921 è stato tra i più innovativi fruttiviticoltori della provincia di Bologna e poi mio padre Daniele, agronomo e docente nelle scuole. Assieme hanno gestito per decenni due aziende agricole producendo ogni tipo di frutta (pesche, albicocche, ciliegie, mele e pere) ma anche ortaggi.
Dal 1984, dopo aver studiato agraria alle superiori, inizio il lavoro in azienda, mentre dal 1997 dopo la morte di mio padre ho preso la conduzione del fondo di collina che è poco meno di 5 ettari. Rispetto al passato l’azienda è molto più piccola, ma ciò mi consente di lavorarla praticamente da solo. La nostra azienda è in collina ubicata tra i 250 ed i 300 metri s.l.m. in Valsellustra, nel comune di Casalfiumanese (BO), in versanti dominati da ripidissimi calanchi. I terreni sono costituiti da argille marnose e grigio azzurre. Siamo lontani da centri abitati (Imola dista 16 km, Dozza 6 km) e da aree industriali. L’ambiente è incontaminato, tra caprioli, cinghiali, istrici, tassi, faine, volpi, falco pellegrino, gruccioni e da qualche anno anche da alcuni piccoli branchi di lupi. La zona sta lentamente spopolandosi; i pochi agricoltori presenti un tempo sono scomparsi, anche per le grandi difficoltà a fare reddito e la valle sta ritornando lentamente selvaggia. I nostri impianti sono coltivati a vaso basso, seguendo la naturale conformazione dell’albicocco in natura e sono concimati quasi esclusivamente con letame bovino. L’impollinazione avviene anche grazie ad una ventina di arnie di api di Giorgio Baracani del direttivo di CONAPI- Mielizia (Consorzio Apicoltori e agricoltori Biologici) che sono quasi stabilmente in azienda. Le albicocche sono vendute al 50% al mercato ortofrutticolo di Bologna (Caab), un 25% ai GAS di Parma, Bologna e Carpi, (stiamo prendendo accordi anche con Torino e Piacenza), un 5% a privati ed un 20% a Conserve Italia (marchi Yoga, Derby e Valfrutta).
La passione per la frutticoltura mi è stata tramandata da mio padre; entrambi ci siamo interessati ad un’agricoltura più ecosostenibile sin dai lontani anni ’80, quando di biologico e lotta integrata non si parlava affatto ed il bio erano piccolissimi mercatini fatti da piccoli agricoltori o nostalgici ragazzi hippy, con piccole produzioni dell’appennino tosco emiliano che incontravo in Toscana al mercato di Scarperia (FI). Nel 1982 ho organizzato ad Imola, in Comune, una delle prime conferenze sull’agricoltura biologica, ho avuto poi la fortuna di conoscere Ivo Totti e Gino Girolomoni, i due padri fondatori dell’agricoltura biologica italiana. Nel 1986 ho curato sulla storica rivista dei verdi italiani la “ Malalingua “ un dossier sull’agricoltura biologica in collaborazione coi primi produttori della regione Emilia Romagna. La nostra azienda non ha possibilità di irrigare, questo favorisce gli attacchi di un insetto, il capnodio (che dal 2003 ha iniziato a distruggere gran parte dei frutteti di drupacee in regione… la nostra azienda lanciò al Servizio fitosanitario regionale l’allarme, inizialmente inascoltato, già dal Settembre 2003), un tempo endemico di sud ed isole, coi mutamenti climatici ha preso possesso di molte zone sopratutto quelle più aride/ collinari come le nostre (quelle maggiormente vocate per l’albicocco) distruggendo centinaia di ettari in provincia di Bologna, Ravenna, Forlì – Cesena, Rimini ed anche in Toscana. Il contrasto in biologico non è attualmente possibile (si sta lavorando sui nematodi entomopatogeni, ma occorre umidità nel terreno perciò la vedo dura… ). Ecco perciò che in post raccolta siamo costretti, in accordo con la regione, a fare almeno un trattamento per limitare tale insetto e salvare le piante (ogni anno il 2- 3 % delle piante muore). Collaboriamo inoltre con la Regione per il monitoraggio sui danni causati alle piante. La nostra azienda attua perciò una rigida lotta integrata, ma che non può rientrare nel disciplinare biologico e per scelta etica non fa domanda di alcun contributo agricolo. Tali incentivi sono stati a mio giudizio la rovina dell’agricoltura onesta, basata sul concetto che occorre seminare e raccogliere. Oggi in molti casi si semina o si pianta , ma non si raccoglie, l’importante è il contributo percepito. Personalmente credo che tutto il processo produttivo, sia esso biologico o integrato, vada rivisto completamente.
Concludo dicendo che ho quasi 52 anni, sono scout da 45, sono stato responsabile del Settore educazione del WWF Imola per quasi 15 anni.