Prima colonna: L’economia solidale promuove i beni comuni
- Non c’è bene comune senza comunità
- La comunità attiva e responsabile gestisce le risorse del proprio territorio
- La gestione dei Beni Comuni deve prevedere la partecipazione diretta dei cittadini
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Nel gergo usuale, “bene comune” è qualcosa di “essenziale“ per la vita, la cui assenza può causare una grave carenza, un impedimento alla sopravvivenza.
L’Economia Solidale supera questo orizzonte affermando con forza che un bene è comune nella misura in cui è prima individuato, poi gestito, quindi utilizzato e salvaguardato dalla Comunità in cui tale bene è riferimento.
Il Bene Comune deve pertanto essere rappresentato e gestito a partire dai legami fra gli individui dello stesso habitat, in un’ottica di cooperazione e mutualità.
Ma quali sono oggi i beni comuni?
Acqua, Aria, Terra, Ambiente e Territorio, sicuramente. Lo diremmo tutti.
Ma la definizione di quale bene o servizio o altro possa definirsi “bene comune” dipende molto dal contesto storico, sociale, economico e culturale in cui si “vive”.
I beni comuni si nutrono di un sistema di relazioni fondate sulla cooperazione e sulla dipendenza reciproca.
Questo concetto è agli antipodi rispetto all’attuale modello sociale, in cui più soggetti, anche dello stesso territorio e che fanno riferimento allo stesso bene, non se ne fanno carico o sono ostacolati a farlo (!), oppure non sono in condizione di gestirlo.
E’ per questo che l’economia solidale propone di considerare beni comuni, in aggiunta ai canonici, anche l’Accesso alla terra/Sovranità alimentare, la Biodiversità, l’Energia, fino alla Relazione tra le persone (tra i “volti”), la Conoscenza, la Salute e il Lavoro.